E vennero da lontano, documentario sulla guerra partigiana delle nostre zone proiettato in occasione delle ricorrenze per i festeggiamenti del 25 Aprile, per non dimenticare quello che fu l’orrore e lo sconvolgimento di tante famiglie contadine innocenti cadute a causa di una guerra che non ebbe pietà alcuna nemmeno di civili, donne e bambini.
Presenti in sala Mario Agati, assessore del comune di Formigine, Patrizia Barbolini e Giampietro Vetrani, rappresentanti dell’ANPI di Sassuolo e Fiorano, oltre a Riccardo Stefani, il regista e Piergiorgio Stefani, lo sceneggiatore del filmato.
Questi prima di iniziare la proiezione hanno voluto ringraziare i presenti nel teatro Astoria di Fiorano e fare una breve introduzione, sottolineando l’importanza di non scordare un passato tanto malvagio perché questi brutti avvenimenti non si ripetano mai più nella storia.
Agati rammenta che i quattro comuni Fiorano, Sassuolo, Maranello e Formigine hanno lavorato in concertazione per rendere omaggio e memoria ai caduti in occasione del settantesimo anno della liberazione e questo è evento eccezionalmente bello.
Patrizia Barbolini fa notare che all’interno del docufilm ci sono cittadini che vivono nei luoghi dove avvennero gli eccidi. Queste persone che si sono prestate a recitare sono gente vera e danno ancora di più un senso di appartenenza e realtà agli avvenimenti dell’epoca grazie alle parlate, agli accenti e le movenze che restituiscono la drammaticità delle stragi del nostro appennino, in particolare a Cervarolo, Monchio, Susano e Costrignano. Patrizia ribadisce che ai ragazzi di oggi ogni tanto bisogna raccontare gli accadimenti di ieri, perché queste storie che loro leggono noiosamente sui libri scolastici sono fatti che fortunatamente non hanno provato ma i loro nonni purtroppo ci sono morti.
Giampietro Vetrani vuole ricordare oltre i combattenti partigiani, i civili caduti e i sopravvissuti che hanno contribuito a rendere conto nella storia di una pagina difficile dell’Italia.
Dopo un applauso dei molti presenti inizia la proiezione realizzata grazie a documenti e filmati originali dell’epoca girati da combat film 8 e 16 millimetri provenienti sia dalla Germania che dall’America, poi sapientemente riversati da Riccardo Stefani e poeticamente montati da Piergiorgio. La visione si presenta cruda, brutale e vera ma alleggerita dal racconto di una graziosa bimba dei nostri appennini che fa da filo conduttore per tutto il film assieme a splendide riprese naturalistiche delle nostre campagne. L’intero filmato è pervaso da un senso di calamità innaturale, ma percepita come se naturale; come un qualcosa al quale è impossibile scampare, come un terremoto violento, l’unica cosa da fare è guardare al cielo e sperare perchè ci si sente impotenti di fronte a tanta brutale violenza umana. Ma la bimba che racconta quello che vede e forse non capisce grazie alla sua innocenza dà sempre e comunque un filo di speranza per un futuro migliore.
E’ impressionante durante il film e nei titoli di coda sentire il pubblico dire “ehi, ma quello è il nonno”, oppure “ma c’era anche il fornaio e il meccanico!”…segno che settanta anni sono tanti ma non così lontani da noi da poterli scordare.
A fine proiezione vi è un piccolo dibattito sul film.
Spiegano gli autori che l’idea di realizzare questo tipo di film a km 0 nasce dall’esigenza di scoprire cosa è successo in quelle vallate e perché i loro genitori alla richiesta di spiegazione per un senso di protezione rispondevano di lasciar stare e non indagare perché quelle erano solo brutte cose. Ma questo non ha fatto altro che incuriosire ancora di più e da grandi si sono dati da fare per raccogliere documenti storici della zona, non senza difficoltà.
Per raccogliere testimonianze sono andati di casa in casa, siamo nell’epoca in cui i testimoni diretti dei fatti accaduti stanno scomparendo e lavori di questo genere sono più che mai utili e necessari.
Una difficoltà oggettiva nel realizzare un film come E vennero da lontano è riuscire a trasportare sullo schermo nella maniera più realistica possibile i sentimenti, le sofferenze, le piccole e le grandi cose di vita quotidiana che le popolazioni contadine hanno provato nel loro animo senza enfatizzazione ma con mero neorealismo. Le piccole storie raccolte sono infinite, alcune di esse sono state anche utilizzate nei processi del Procuratore Militare, Marco De Paolis.
Il film parlando di luoghi a noi vicini aumenta la percezione del dramma, più che se avesse svolto il tema in maniera storica attraverso i grandi numeri della guerra mondiale, i grandi numeri sono realizzati da piccoli sentimenti estirpati e falciati da mitraglie così semplicemente solo per rappresaglia.
Questo è un film di guerra ben fatto che non va a confondersi con le pagine di guerra che ci sono sui libri scolastici ma concentrandosi sulla vita quotidiana aiuta molti ragazzi di oggi ad affezionarsi, emozionarsi ed entrare nella tragedia umana del ‘44 grazie alla chiave emotiva realizzata dagli autori, che svelano il progetto di realizzare un pacchetto del loro film Sopra le nuvole e questo documentario E vennero da lontano per farli girare nelle scuole. Se riusciranno a realizzare questo progetto saranno davvero felici perché avranno concretamente contribuito a rendere vivo un passato da non scordare a monito per il futuro.
Il film è molto ben costruito intervallando filmati storici, combat film e riprese attuali che montati sapientemente non tolgono nulla alla tragicità dell’epoca ma aggiungono la poesia della vita di tutti giorni con la voglia infinita di riuscire a sopravvivere nonostante tutto. Quella raccontata dal film è una guerra che riguarda un piccolo raggio d’azione, prende in considerazione l’Appennino tosco emiliano, poca cosa rispetto a una guerra mondiale, ma da qui in nome della libertà pagata a caro prezzo, sono avvenuti accadimenti che dimostrano quanto può essere folle e cattivo l’uomo nei confronti di un altro uomo, una lucida follia assassina.
Il regista confida di aver voluto dare una chiave neorealista alla sua opera.
Alla domanda sul perché in molte scene è stato ripreso il cielo sotto i suoi molteplici aspetti, al tramonto, limpido, nuvoloso o grigio, risponde che è stato voluto sia per una questione scenica che per indicare un ente superiore agli uomini che dall’alto guarda e giudicherà gli atti commessi.
Realizzare un film storico è stato per gli autori molto coinvolgente perché la loro era una passione fin da piccoli. Amavano infatti sentire raccontare queste storie che gli sono entrate dentro diventando vere quasi vive, sino a sentirti il protagonista e non di rado in solitudine anche il pianto si è fatta cosa vera.
Hanno scelto volutamente di raccontare le storie dei nostri appennini perché sono i primi veri eccidi italiani, Marzabotto arrivò dopo. E proprio perché sono stati i primi la gente non se li aspettava, e anche quando capiva non credeva a che l’uomo potesse arrivare a tanto. Perché la grande storia è fatta dalle piccole storie.
Lo sceneggiatore ci dice che la sceneggiatura del docufilm nasce da una ricerca storica, dalla passione per la storia e essere ben informati sui fatti, cercando di trasferire il tutto su pellicola assieme ai sentimenti, cosa non facile da realizzare.
Anche per Piergiorgio il cielo è importante perché fa parte di noi, è uno spettatore silente che ci giudica sempre allora come oggi, per questo dobbiamo fare in modo che le nostre azioni siano degne di uno spettatore così grande come il cielo.