
Schiavitù
Le donne nell'antichità erano considerate l'equivalente generale di tutte le merci. Infatti venivano scambiate con due cammelli o con quattro giumente o con una mandria di capre. Ebbene le donne erano merce, ma erano anche senza nome. La questione donna nel testo occidentale ha quindi posto in rilievo sia lo scambio, il commercio, che la questione della trasmissione del nome. Paradossalmente la donna non aveva nome eppure era supporto del nome: era, cioè, l'unico modo per tramandare il nome di uno degli affiliati all'orda, alla tribù o al clan. E fu così che il corpo femminile incominciò a circolare in modo diverso, in modo equivoco, e la donna da merce di scambio diventò donna di denari, diventò la prostituta sacra o profana. Una donna che, in assenza di parola, di dispositivo intellettuale, si concedeva per la vita o per un solo momento.

La maga Circe
Il corpo della donna come memento della carnalità dell'essere umano
Per Aristotele, invece, la donna doveva essere sempre protetta e mai assunta nel cielo della parola, nel cielo della cultura. Con l'avvento del Cristianesimo insorge l'isteria e il discorso occidentale sulla padronanza sulle idee, le cose, il mondo, viene travolto da un corpo femminile che gioca la sua parte rilevante nella società e nell'immaginario. Non è più possibile fare dell'androgino un principio, come viene appunto enunciato nel "Simposio"di Platone. E allora bisogna rileggere Leonardo, Boccaccio, Ariosto, Aretino, Leon Battista Alberti e Sant'Agostino per capire come la donna, per questi autori, intervenga in modo ironico a cancellare l'idea che ogni uomo è mortale. Contro questa ironia, contro questa differenza insormontabile, contro questa misoginia originaria che non offende la donna ma che l'esalta, si contrappone la donna debole, incapace e indifesa che, come la donna di denari, diventa la donna oggetto, la donna fallace. Ma la questione donna, come questione dell'arte e della cultura, come questione dell'anonimato del nome e dell'enigma della differenza sessuale, non ha aderito a queste fantasie di padronanza. Non ha accettato, cioè, di abboccare a questa apoteosi del discorso occidentale che, tra l'altro, prende a pretesto la clonazione di Eva (la madre non vergine) per rivolgere tutto il suo disprezzo e tutta la sua esecrazione contro le donne.

Raffaello, Madonna col Bambino
Dalla meretrice al mito della Vergine
Penelope, Circe, Giocasta, Medea, Cassandra, Giovanna d'Arco, Salomè, Giuditta, Didone e Cleopatra, con le loro rispettive parabole, ci narrano come l'impresa di vita, senza il mito della vergine madre, è soggetta ad alti e bassi, all'euforia e alla disforia, alla curva che sempre deve diventare piana fino a farsi linea, fino a farsi encefalogramma piatto senza più tempo e industria.
Poi, grazie al mito di Maria, il mito della Vergine Madre, il cielo si è finalmente aperto e il paradiso si è squarciato. Un paradiso non più terrestre, dove l'albero dei frutti proibiti non si è fatto più segno della dannazione, della sostanza da consumare e della morte, ma è diventato l'albero della vita, dell'apertura, dell'ironia e del tempo infinito.