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L’arte oratoria di Alberto Angela

Al Forum Monzani di Modena per la chiusura della rassegna “Incontri con gli autori”

di Matteo Franzoni - 16 dicembre 2016
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Si è chiusa domenica 11 dicembre la rassegna “Incontri con gli autori” per l’anno 2016, un anno ricco di pubblico, con svariati tutto esaurito che hanno premiato l’organizzazione del Forum Monzani e hanno sottolineato l’amore di Modena e provincia per la cultura di qualità.
A chiudere la rassegna è stato Alberto Angela, un personaggio fortemente amato dal pubblico al punto che il Forum, ad un’ora dall’inizio della conferenza, presentava già il tutto esaurito.
Angela parte subito citando l’attualità e il terremoto e riesce a tirare fuori da questa terribile calamità un elemento positivo dicendo che le opere d’arte salvate dal sisma sono state messe al sicuro, protette e tenute segrete perché proprio nel dramma ci si accorge dell’importanza delle cose. Per il futuro l’Italia deve considerare il suo patrimonio artistico come il vero dna che crea identità e turismo, Alberto si augura che l’arte, in quanto unica, possa rappresentare la grande opportunità di futuro per la nostra nazione grazie allo straordinario passato che ci contraddistingue.
Dopo questo preambolo passa a parlare e raccontare della sua ultima fatica letteraria, “Gli occhi della Gioconda. Il genio di Leonardo raccontato da Monna Lisa”. Aveva un sogno da anni, scrivere un libro su Leonardo e cosa poteva esserci di meglio della Gioconda per raccontare chi era Leonardo al grande pubblico? Il primo a parlarci della Monna Lisa fu Vasari nel 1550, quando svelò che Francesco del Giocondo, un commerciante dell’epoca, aveva fortemente voluto e commissionato l’opera, che venne dipinta da Leonardo in età matura rientrando a Firenze in un momento in cui la città era in cerca di identità. L’artista era da sempre noto come grande perfezionista, non certamente uno da affresco ed era bravissimo nell’esprimere i sentimenti nelle sue opere. La Gioconda è sfuggente, in lei ogni spettatore proietta un proprio desiderio, questo grazie alla tecnica definita lo sfumato leonardesco, usata in tantissime sue opere. Leonardo era davvero un fenomeno nel fare ritratti e Alberto ci svela come questo era possibile. Il genio girava con un taccuino nel quale aveva annotato numerandoli una serie di nasi, di occhi e di labbra. Con questo metodo annotava le caratteristiche dei visi che più lo colpivano e poteva dipingerli anche a mesi di distanza, avendo preso nota delle caratteristiche principali. Le caricature che ha realizzato rappresentavano la sua ricerca continua, il suo studio dei visi era meticoloso e attento, Leonardo era davvero un maestro nel fermare il momento proprio come un fotografo. Altra caratteristica fondamentale nelle sue opere è stata il contrapposto leonardesco, con la figura rappresentata a tre quarti e la testa girata a dare l’idea di un graduale movimento, rendendola quasi in tre dimensioni. Il genio ha dipinto tante figure femminili e questo ci ha permesso di studiare anche la moda dell’epoca in cui le donne indossavano la gamurra sotto la camicia, che altro non era che un abito rigido aperto sulle spalle, per permettere loro un minimo di libertà nei movimenti. Raffaello stesso, dopo aver visto la Gioconda, decise di riprodurla ma la rappresentò con le sopracciglia mentre l’originale di Leonardo non le aveva. Questo significa che esistono più rappresentazioni dello stesso soggetto, tra cui quella dipinta da Caprotti, che si diceva fosse l’amante del grande maestro.

Dopo queste prime informazioni estratte dall’osservazione del dipinto Alberto Angela ci racconta un po di Leonardo dicendo che nacque da una relazione fugace e venne riconosciuto dal nonno, con il quale visse inizialmente, poi si trasferirà con la madre e la nuova famiglia che ella si era creata. Crebbe senza una grande educazione e il padre decise di portarlo via per farlo diventare notaio. Leonardo non si dimostrò interessato, preferiva di gran lunga disegnare e il padre lo portò nella bottega del Verrocchio con Perugino, il Ghirlandaio e Botticelli. Per Verrocchio un allievo non doveva tenere in mano un pennello per anni, bensì doveva preparare soltanto i colori, ma alla prima occasione in cui il maestro gli diede carta bianca l’allievo lo superò immediatamente. Leonardo aveva una dote straordinaria nel far parlare le mani grazie alla sua capacità di sfumare le immagini, questo perché era anche un grande anatomista capace di osservare e dipingere particolari finora mai rappresentati, come la contrazione del cuore.
L’argomentazione verte nuovamente sulla tela della Gioconda e Angela sorridendo dice che il paesaggio posto dietro la figura non viene osservato quasi da nessuno. A destra c’è un ponte del 1200 che si trova ad Arezzo, dove passava la Cassia. Le opere di Leonardo hanno una struttura a piramide, le cose più vicine stanno sotto, le più lontane sopra e grazie alla prospettiva aerea con i colori era in grado di donare la profondità. Il maestro era anche un inventore, a Milano ha portato a Ludovico il Moro le sue macchine da guerra, i carrarmati, il paracadute, oltre alle sue opere sul volo, prima per l’uomo poi con i rapaci.

Alberto si domanda perché la Gioconda sia in Francia. Leonardo ha viaggiato tanto nella sua vita, ha seguito prima Cesare Borgia, poi è stato a Urbino, Roma e infine alla corte di Francia dove ha dipinto tutte le opere che ora sono esposte al Louvre. La verità è che Leonardo ha donato la Gioconda al suo amante ed è stato lui a venderla ai francesi. Questa tela nasconde da sempre un grande fascino e mistero, come quando venne rubata da un imbianchino italiano durante il giorno di chiusura del museo e venne recuperata grazie a un goffo tentativo di vendita. Da allora la tela, rientrata al Louvre, ne è uscita solo due volte, per essere esposta negli USA la prima volta e in Giappone la seconda. A tutte queste avventure è dovuta la fama di questa tela, divenuta sex symbol a fine Ottocento e musa di Warhol e Dalì nel Novecento, oltre ad essere stata usata anche in pubblicità.

In chiusura Angela lascia un pubblico estasiato dalle sue parole con un dilemma, e se le Gioconde fossero due? Si sa infatti che Giuliano De Medici commissionò un quadro che doveva rappresentare Pacifica Brandani, se fosse lei la Gioconda esposta al Louvre?
Di certo la Gioconda è un quadro di getto, senza ripensamenti, non indossa gioielli e non ha nulla per essere riconosciuta, è una tela che ispira solitudine per la mancanza di calore attorno a questa donna, che anche dopo cinquecento anni continua a mantenere intatto il suo enigma dandoci l’impressione di fare l’occhiolino ad ognuno di noi.


L'autore

Matteo Franzoni

Matteo nasce nel settembre del 1970. Sin dai primi anni di vita dimostra un forte interesse per l’arte e la comunicazione. 
Grazie a questa passione si iscrive alla scuola di grafica e arti visive di Bologna, dove sviluppa e affina le sue qualità artistiche. Diplomato nel 1992 si getta anima e corpo nel mondo della grafica, lavorando per varie aziende della provincia bolognese.
Nel 2000 si trasferisce a Fiorano e nel modenese conosce la differenza tra la grafica pubblicitaria e la grafica ceramica, data la specializzazione nel settore ceramico dell’intero distretto.
Negli anni a venire approfondisce la sua passione per la fotografia, facendola diventare parte integrante del suo mestiere. Spazia dai reportage di matrimonio alle foto di eventi e concerti.
Nell'ultimo anno amplia le sue competenze e grazie all'esperienza accumulata negli anni a livello comunicativo decide di intraprendere, unitamente a grafica e fotografia, anche la la professione di giornalista. Scrive e collabora con varie riviste on line come Omnibus e Giornalisti On Line.
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