Il diritto d’autore, un settore complesso e sul quale anche gli addetti ai lavori spesso non hanno le idee chiare. Analizziamo i regolamenti con l’aiuto di uno dei maggiori esperti in materia, l’Avv. Giorgio Tramacere. Lo facciamo durante la settimana del festival di Sanremo proprio perché al Palafiori è stata organizzata una giornata di convegni dedicati al tema, ai quali hanno partecipato numerosi avvocati. L’equo compenso sulla copia privata, nell'ultimo periodo, è stato oggetto diverse diatribe, alle quali ha preso parte anche Gino Paoli, presidente SIAE.

Avv. Giorgio Tramacere esperto in diritto d'autore
Che cosa s’intende per diritto all’equo compenso per le copie private?
Innanzitutto, per dovere di chiarezza, per “copia privata” s’intende una royalty forfetaria riconosciuta all’autore, al produttore e all’artista per i supporti vergini fonografici o audiovisivi venduti, in cambio della possibilità concessa al privato di poter riprodurre le opere protette dal diritto d’autore, su altro supporto (cd vergine, hard disk, lettore mp3, ecc.) solo ad uso personale e senza scopo di lucro. Il compenso per la copia privata non viene corrisposto dal privato, ma esclusivamente da coloro che fabbricano, importano o distribuiscono nel territorio dello Stato gli apparecchi ed i supporti che consentono la riproduzione di fonogrammi e di videogrammi. La legge ha affidato alla Siae il compito di riscuotere, direttamente dai questi soggetti, i compensi per le copie private e di ripartirli in proporzione agli autori, agli editori, ai produttori e agli artisti interpreti o esecutori. Tali compensi sono sicuramente di molto inferiori al costo di una versione originale, che si sarebbe costretti a versare se non fosse stato introdotto il diritto di copia privata.
Quindi si può scaricare un brano da internet senza essere multati se lo si salva su un supporto per uso privato?
Quel meccanismo ha introdotto il principio che ognuno può effettuare legalmente una copia del proprio disco originale o di un brano scaricato, sottolineo, lecitamente dalla rete, senza chiedere il permesso ai titolari del diritto. Tale istituto, introdotto in Italia con la L. 93/1992, è stato disciplinato con il d.lgs 68/2003, in attuazione della Direttiva 2001/29/CE.
Il diritto alla copia privata vige attualmente nella maggior parte dei Paesi europei. Non in tutti però: nel Regno Unito, per esempio, dove permane tuttora per il consumatore il divieto di copia privata ad uso personale. È chiaro, quindi, che il diritto alla copia privata, così come riconosciuto in Italia, è un vantaggio per il consumatore e non una “tassa” come è stato definito ultimamente.
Il TAR Lazio nel marzo del 2012, nel respingere nella loro totalità i ricorsi promossi dai grandi produttori come Apple, Samsung e altri, con l’intervento di associazioni dei consumatori, ha riconosciuto legittimo il diritto spettante agli autori e produttori di percepire il compenso dalla copia privata, precisando la natura corrispettiva e indennitaria di tale compenso. D’altro canto il compenso per copia privata, non potrebbe mai essere assimilato ad un’imposta tributaria o tassa, perché esso non è destinato allo Stato, ma previsto proprio quale corrispettivo per i titolari del diritto d’autore.

Inoltre è necessario considerare che la diffusione della musica avviene, oggi, prevalentemente tramite copie trasferite su smartphone e tablet. Al contrario la produzione di fonogrammi tradizionali, come i CD, costituisce un mercato sempre più residuale. Risulta dunque evidente che l’equo compenso per la copia privata costituisce il necessario bilanciamento tra la libertà del consumatore all’utilizzo di musica e il diritto ad un corrispettivo per coloro che dedicano la propria attività lavorativa alla musica e alla cultura.
Sono realmente compensi equi?
In realtà no, Quanto meno in Italia, sono ridicoli. Non sono stati adeguati dal 2009, nonostante l’enorme incremento della vendita dei nuovi strumenti tecnologici quali smartphone e tablet. Ad oggi le tariffe applicate in Germania e in Francia agli smartphone sono rispettivamente quaranta e dieci volte superiori a quelle applicate in Italia.

Infatti, sulla vendita di ogni iPhone 5S da 64GB i compensi per copia privata che la Apple deve versare alle società di collecting musicali sono pari a: 36,00euro in Germania; 22,10 euro in Francia e soli 90 centesimi di euro in Italia! Pertanto la proposta di adeguamento del compenso fisso, che era indicata nella bozza del Decreto Ministeriale a soli 5.20 euro anziché a 0,90 era un intervento non solo dovuto per tutti gli aventi diritto, ma era il minimo per iniziare un avvicinamento alle tariffe degli altri Paesi europei. Nell’auspicare un imminente adeguamento dei compensi, ritengo che non sia conveniente per nessuno negare alle categorie degli autori, dei produttori, degli artisti e a tutti quelli che operano nel settore della musica, il giusto compenso per la loro attività lavorativa. Il concetto di musica gratis per tutti ucciderà inevitabilmente la musica.