In questi anni difficili in cui molti giovani, pur dotati di capacità e talento, rinunciano a coltivare i propri sogni e le proprie ambizioni, non si può che lodare la tenace determinazione con cui
Ruggiero Doronzo ha alimentato la sua passione per la ricerca e il suo impegno per la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio culturale della regione Puglia. Ne è testimonianza questo libro, frutto di un approfondito lavoro di revisione e aggiornamento della sua Tesi di laurea magistrale in
Storia dell’arte moderna (2009), dedicata allo studio della folta produzione presente in Terra di Bari e a Taranto del pittore
Cesare Fracanzano (1605-1652), biscegliese di nascita, ma con casa e bottega a Barletta.
Artista dalla fortuna critica ineguale, ma indubbiamente una voce significativa nel panorama della pittura primoseicentesca in Puglia, che, con le sue successive soste a Napoli e la sua capacità di assimilazione e rielaborazione delle variegate componenti della cultura artistica napoletana, si fa trait d’union fra i vitali fermenti della capitale vicereale e la provincia pugliese, con significativi apporti alla formazione della più giovane generazione di pittori attivi in Puglia nella seconda metà del XVII secolo.
Questo volume, quindi, ricostruendo le tappe fondamentali della vita del pittore cerca di restituirgli il giusto peso nelle complesse vicende artistiche che si sviluppano nella prima metà del Seicento a Napoli e in tutta la periferia vicereale, e in particolare in Puglia, la regione in cui più alto è il numero dei dipinti conservatisi. La seconda parte del volume si concentra proprio sulle opere pugliesi: di ognuna di esse si cerca di ricostruire la storia e gli spostamenti attraverso un’approfondita analisi storico-artistica.
In occasione de "La notte di Inchiostro Puglia", il 24 aprile scorso, c'è stata la presentazione del libro a San Ferdinando di Puglia (BA) ed ho avuto modo di intervistare l'autore.
Dott. Doronzo, Lei si laurea in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” presentando una tesi intitolata “Per un corpus dei dipinti di Cesare Fracanzano: la produzione in Puglia”. Parte quindi da questa tesi la realizzazione del suo libro?
Quando mi sono laureato non pensavo che quella tesi, fatta sì con passione e determinazione, si sarebbe trasformata in un libro. Va da sé che un libro non è una tesi di laurea, quindi della tesi vi restano solo i punti di partenza. Molti altri se ne sono aggiunti e molte parti sono state ampiamente approfondite. Il lavoro di certo non può dirsi concluso, ma gran parte è stato condotto.
Alla presentazione del suo libro a San Ferdinando di Puglia in occasione de “La notte di Inchiosto Puglia”, abbiamo appreso che ha condotto uno studio di ricerca molto dettagliato, ci può spiegare in che cosa è consistito?
La possibilità di consultare archivi diocesani, prima chiusi, mi ha aperto nuove prospettive e soprattutto mi ha consentito di ricostruire la storia di molti dipinti altrimenti visti come pezzi isolati, e spesso, senza storia. Molti fanno la storia basandosi su quanto pubblicato negli anni, ma difficilmente si va negli archivi ad impolverarsi e a leggere documenti del seicento, sovente dalla calligrafia impossibile.
“La bellezza del divino: le opere pugliesi di Cesare Fracanzano”: può spiegarci perché ha voluto attribuire proprio questo titolo?
Il titolo è dipeso dalla produzione, copiosissima, di quadri a soggetto religioso. Ma non mancano esemplari degni di nota in cui la religione viene accantonata per dare ampio spazio a scene mitologiche o storiche. Il Tormento di Tycius conservato nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo o I due Lottatori (Anteo ed Ercole) al Prado sono fra gli esempi che meglio rappresentano il genere profano.
La figura di Cesare Fracanzano è stata abbastanza trascurata dalla critica: quanto il suo lavoro ha contribuito a valorizzare questo pittore italiano attraverso la sua analisi storico-artistica?
Beh, io ci ho messo passione, volizione e determinazione. Almeno sono sicuro di aver risvegliato la coscienza dei miei concittadini che non sapevano nemmeno chi fosse Cesare Fracanzano, nonostante percorrano la strada ad Egli intitolata (una delle maggiori arterie cittadine). Purtroppo resta molto da fare e tanti sono i pittori della prima metà del Seicento che meritano di essere scoperti e soprattutto rivalutati.
Se fosse un’opera del Fracanzano quale la rappresenterebbe meglio?
Se fossi un’opera del Fracanzano sarei La Madre morente secondo un ritratto di Aristide di Tebe conservata a Vienna. L’amore che ha quella donna nei confronti del figlio è incommensurabile; infinita è la mia voglia di scoprire e di conoscere. Sento mia una frase di Benjamin Francklin: “Parlami ed io dimenticherò. Insegnami ed io ricorderò. Fammi partecipare ed io imparerò”. Solo facendo conoscere agli italiani quanto l’Italia possegga si può auspicare un sensibile interesse. Se si conosce, si valorizza. Se non si conosce, si ignora e ci si continua a proiettare in avanti ma ignari e a digiuno del nostro passato, un passato che è forza e potenza.
Quando ha proposto per la prima volta la pubblicazione di questa sua opera all’editore Vincenzo Cafagna come ha accolto questa richiesta?
E stato molto entusiasta perché si andava a proporre un artista sì locale, di Barletta (di adozione perché è nativo di Bisceglie), ma internazionale.
Ha dei nuovi progetti in cantiere?
Al momento, dopo aver contribuito alla conoscenza del Fracanzano con altri saggi, il mio obiettivo è quello di portare a termine il progetto di ricerca afferente al dottorato in Arti e Italianistica XXIX ciclo che sto svolgendo presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, relativo allo studio di interessanti testimonianza artistiche lucane dal Tardogotico all’età moderna, dal 1300 circa sino alle soglie del Settecento.