Il pianoforte è fra gli strumenti più antichi di sempre, un pianoforte a coda è linguaggio oltre che ingranaggio di socialità e comunicazione. Tre pianoforti insieme sono una maratona musicale fra emozione ed improvvisazione, sono un progetto che non solo coinvolge la città distrutta dal terremoto, ma la ricostruisce a partire dalla cultura musicale.
Seguendo infatti la scia di note in fermento, il progetto Tre Pianoforti per l’Aquila con i musicisti Mirko Signorile, Claudio Filippini e Giovanni Guidi prosegue nel suo viaggio con l’intento di raccogliere fondi da destinare alla “rinascita” culturale della città dell’Aquila.
Dopo la loro partecipazione all'Umbria Jazz, le prossime date vedranno i tre musicisti il 23 luglio a Pratovecchio Stia (AR) per il festival Naturalmente Pianoforte, a mezzanotte, come ultimo concerto della giornata, a Piazza Nova - Piazza Paolo Uccello di Pratovecchio ed il 24 luglio presso la Chiesa San Francesco in Via San Francesco a Fano (PU) per il Fano Jazz Festival.
L'entusiasmo dei tre pianisti ha contagiato Associazione I-Jazz, rete dei promotori dei principali festival jazz italiani - da Bolzano a Bari - e punto di riferimento per le attività di promozione e valorizzazione del sistema jazzistico italiano e MIDJ - Associazione Italiana Musicisti di Jazz, e insieme hanno lanciato la campagna di crowdfunding in partnership con il Conservatorio musicale "Alfredo Casella" dell'Aquila per moltiplicare le energie.
Il pianoforte sarà suonato in anteprima dai musicisti Mirko Signorile, Claudio Filippini e Giovanni Guidi il 4 settembre 2016 durante il concerto inaugurale di Il Jazz Italiano per L'Aquila 2016, presso la Fontana delle 99 Cannelle, luogo-simbolo di una città ferita ma pronta a rivivere.
Abbiamo raggiunto Mirko Signorile e con lui ci siamo confrontati fra i tasti bianchi e neri.
Il vostro è un progetto che unisce la musica alla solidarietà, ma soprattutto unisce L'Aquila. Come è nata questa idea?
Questo progetto è nato la sera del 6 settembre scorso quando io e Giovanni Guidi che eravamo all'Aquila per la prima edizione della maratona "Jazz per l'Aquila"ci siamo incontrati e, presi dal l'emozione scaturita per l'appunto dalla condivisione dei palchi e dello spirito che quella giornata aveva creato, abbiamo deciso di metter in piedi un progetto artistico che coinvolgesse noi due più Claudio Filippini. Intuivamo tutti che poteva nascere qualcosa di speciale. Qualche settimana dopo si è accesa come una lampadina d'improvviso l'idea sociale del progetto cioè quella di regalare un pianoforte alla città dell'Aquila. Volevamo fare e dare qualcosa che andasse oltre la musica che da lì in poi avremmo suonato.
E come ha accolto la città questa vostra iniziativa?
Abbiamo saputo che il sindaco dell'Aquila è molto felice di questa iniziativa. Il 4 settembre di quest'anno apriremo la seconda giornata del "Jazz per l'Aquila" con un concerto mattutino alle 99 cannelle.
A che punto è la raccolta fondi per il pianoforte da destinare alla città?
Il crowfounding (che si può raggiungere al link: https://goo.gl/8xuPfg ndr.) è partito da poco e siamo già a quasi 2000 euro. Ci auguriamo di raggiungere l'obiettivo dei 10000 euro!
E come artista ti sei mai dato un obiettivo da raggiungere?
Devo dire che gli obiettivi che mi sono posto sono tanti anche se in generale sono una persona che crede nel destino e ama lasciar fluire le cose.
Grandi artisti con carismi musicali diversi hanno unito le loro voci per interpretare grandi pezzi, voi unite le mani e ma date voce alle vostre emozioni, è così?
Si, esatto. Noi uniamo le nostre mani per far musica e attraverso di esse esprimere i nostri stati d'animo e le nostre emozioni.
L'improvvisazione del soul, blues, jazz spesso sembra che assecondi gli umori del pubblico. Tu ti lasci coinvolgere maggiormente da quello che il pubblico ti dà o da quello che tu vuoi dare al pubblico?
Suonare è uno scambio per me. Sono sul palco per trasmettere qualcosa al pubblico e quando avverto che il pubblico mi sta seguendo mi sento rigenerato e nutrito.
Ed essendo tre musicisti, anche i vostri umori sono ovviamente differenti, qual è il punto d'incontro sicuro?
Quello che ci diciamo sempre prima di iniziare è "ascoltiamoci". Vogliamo sentirci totalmente liberi sul palco e anche quando abbiamo deciso di suonare qualche brano non sappiamo mai come verrà o se effettivamente lo suoneremo. Per noi l'ascolto è fondamentale perché ci permette di essere "svegli" durante la performance e ci permette di capire cosa è realmente necessario.
Ma capita improvvisando di toccare qualche altro genere ancora inesplorato che ti affascina?
Come dicevo non ci poniamo nessun limite e questo significa che possiamo suonare africano, raggae, hip-hop, un waltzer chopiniano...tutto ciò secondo noi è l'autentico spirito del jazz.
E non è pericoloso scegliere di confrontarsi ogni volta con performance diverse?
Certo alcune volte le idee possono tardare a venire e questo bisogna saperlo affrontare e accogliere.
In chiusura una domanda semi-seria: qual è la tua nota musicale preferita e perchè?
Mi piace il LA bemolle e l'accordo di LA bemolle settima maggiore sul quale suonare la scala lidia. Mi piace perché è molto emotivo e di un solare leggermente velato.
[galleria fotografica di Umberto Lopez]