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Peppe Voltarelli, il cantastorie antico che rende moderno il folk

"Per sperimentare basta non seguire le mode e comprare vestiti sbagliati, avere amici speciali, alzare sempre la traiettoria del proprio sguardo"

di Nadia Macrì - 15 novembre 2016
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Qualche settimana fa al Teatro Ariston di Sanremo c'è stato un simbolico passaggio di consegne tra uno dei più emblematici esponenti della cultura e della canzone d’autore del nostro Paese e l’antesignano del folk revival in Italia. Sul palco del Premio Tenco Peppe Voltarelli ha ritirato la Targa Tenco 2016, meritatamente vinta nella sezione "Interpreti di canzoni non proprie" con il suo recente album+libro Voltarelli canta Profazio (Squilibri Editore/Archimedia Produzioni) in cui si ricrea l’atmosfera dei vecchi racconti in musica dei cantastorie, restituita alla visione e all’ascolto secondo modalità e forme espressive al passo con i tempi, un tributo al maestro Otello Profazio, voce possente di un folk autentico, che ha ritirato sullo stesso palco il Premio alla Carriera.

Il testimone è la cultura popolare nella sua forma più elevata, ricca di suoni, ritmi e melodie, che la storia consegna al nuovo e fresco cantautorato, calabrese.

Peppe Voltarelli nel 1990 ha fondato il gruppo Il Parto Delle Nuvole Pesanti, che ha poi lasciato nel 2005 per dedicarsi ad un’intensa ed instancabile carriera solista che lo ha portato a vincere il premio Tenco già nel 2010, con pubblicazione dei suoi lavori un Europa, Usa, Canada  e Argentina oltre che ad esibirsi sui palchi di tutto il mondo e alle più svariate e ispirate collaborazioni artistiche, nel campo teatrale, letterario e cinematografico, oltre che musicale.

Lo raggiungiamo tra un fitto calendario di date che si concluderà con le tappe del 17 a Cantù (Co), il 18 a Milano e il 19 a Torino.

Il video di presentazione dell'album è stato realizzato da Giacomo Triglia, già autore di oltre 50 video clip musicali, le foto sono di Arturo De Rose. Eccellenze tutte. Calabresi tutti.


Voltarelli canta Profazio non è il solito album di cover a cui la crisi musicale ci ha abituato, ma un omaggio ad un maestro carico di innovazione e legami. Cosa ti ha portato a pensare questo album?
Il desiderio di confrontarmi con un repertorio importante del Folk Italiano. Curiosità sul metodo usato da Profazio, l'uso della voce e il suo modo di scrivere l'ironia usata nel trattare temi forti come l'emigrazione, il lavoro, il carcere e la storia d'Italia. Sentivo che sarebbe stato formativo per me.

E sul palco del Tenco con Profazio c'era molta alchimia, complicità: mentre lo accompagnavi rigorosamente in piedi in Qui si campa d’aria, lo hai guardato per l’intera canzone. Chi è per te Otello Profazio?
Un artista che ha scritto pagine molto significative della musica italiana, testimone di un periodo di grande fermento sociale e politico. Un punto di riferimento metodologico, una voce da ascoltare, ma anche un amico più grande con cui condividere palcoscenico e viaggio. E' bello ascoltare con attenzione gli amici cantare, c'è sempre tanto da scoprire e da imparare.

Ma cosa serve affinché due generazione diverse, con un percorso artistico diverso, possano ritrovarsi con una canzone?
Serve complicità e coraggio, ci vuote la forza di fare sempre un piccolo passo indietro nelle proprie convinzioni e nelle proprie certezze, perchè in quel metro si fa la collaborazione ed è un territorio neutrale di gioco e di scoperta. Mi è successo con Carlo Muratori, l'arrangiatore del disco, mi sono fidato molto delle sue indicazioni, ho cercato di seguirlo sempre con attenzione e i nostri mondi si sono uniti a quello di Otello in un affresco di meridionalità presente che con le opere che Anna e Rosaria Corcione, il loro omaggio a Rotella, i loro strappi e stratificazioni, hanno costruito un vero e proprio poligono, una cosa magica davvero unica. Cosi le generazioni si uniscono.

Alla fine però è “tutta roba inutile”?
Sfortunatamente è tutta roba inutile, ma non vogliamo ancora crederci del tutto.

Tu quanta voglia hai di sperimentare? E come riesci a convogliare le energie, la determinazione e le idee nella giusta direzione?
Non credo nella giusta direzione. Ho iniziato mescolando dialetto e Tarantella con una chitarra distorta, dopo ho sostenuto l'importanza di scrivere e cantare il dialetto. Per sperimentare basta non seguire le mode e comprare vestiti sbagliati, avere amici speciali, alzare sempre la traiettoria del proprio sguardo, conoscere Marcello Baraghini, fare errori, suonare note sbagliate. Questa è la base.

Sul palco dell’Ariston quest’anno hai avuto anche l’onore di cantare Lontano Lontano come sigla iniziale del Premio Tenco. Che tipo di preparazione psicologica, fisica ed emozionale serve prima di calcare un palco così prestigioso, aprire un Premio autorevole e interpretare Luigi Tenco?
Aprire la rassegna è stata una grande emozione, davanti al sipario chiuso mi sentivo come un bambino al primo giorni di scuola. Ho cercato di cantare nel modo più naturale possibile rispettando melodia e armonia originali, ho solo aumentato la velocità anticipando leggermente i cantati. Mi piace saltare sull'accordo come se con questo procedimento le parole diventassero mie.

Ma quel palco ti piacerebbe calcarlo anche dal 7 all’11 febbraio 2017?
Mi è sempre piaciuta Sanremo sopratutto la Pigna, quel centro storico è magico, mi sembra di camminare per le stradine di Crosia. Sono legato ad Arma di Taggia e San Bartolomeo ma mi piace anche Bordighera e Ventimiglia, sempre pronti per scappare, Una volta abbiamo fatto un concerto a Imperia in un centro sociale che è durato due settimane. Fantastico! Credo di avere ancora la cassetta registrata.

Allora torniamo indietro. Molto è iniziato nel 1990 quando hai fondato il gruppo Il Parto Delle Nuvole Pesanti... cosa è rimasto oggi di quel Peppe Voltarelli?
Ho ancora il mio maggiolino giallo 1900 TDI comprato con i successi di fine anni 90. Quella macchina è magica, tutte le ragazze erano innamorate di quell'auto.

Cantautore, interprete, musicista, scrittore. C'è un'anima artistica che preferisci?
Mi piacerebbe scrivere senza portare la chitarra.

E dopo Il Caciocavallo di Bronzo (primo romanzo del cantautore), l’argento a chi andrà?
Queste sono cose delicate non possiamo prevedere il futuro, tuttavia ho notizie non confermate che c'è un paese determinato a costruire il monumento al Caciocavallo, se così fosse bisogna prepararsi. Le cose stanno per cambiare.

In chiusura la mia solita domanda semi seria: qual è la nota musicale con la quale sei più in sintonia e perché?
Ho una lunga storia d'amore con il LA minore, era l'accordo di Fior di luna di Santana con cui ho iniziato a suonare la chitarra e poi lo è stato per Romagna mia e per la Cumparsita le basi.


PEPPE VOLTARELLI - Qua si campa d'aria
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L'autore

Nadia Macrì

Nadia Macrì, è nata nel 1977 a Zurigo, ma ha vissuto anche in altre città italiane, isole comprese.
Non è chiaro se per vocazione o per bisogno, alterna pittura, radio, canto, web e scrittura all'arte della medicina. Segue con particolare interesse gli artisti emergenti e ama tutto ciò che è alternativo.
Ha all'attivo diverse collaborazioni con emittenti radiofoniche, case discografiche e portali musicali. Collabora con diverse associazioni locali e nazionali per la realizzazione di eventi musicali, ma ama soprattutto comunicare con gli artisti attraverso le sue interviste che conclude sempre con la stessa domanda semi-seria: qual è la nota musicale preferita. Quasi a voler costruire una melodia aggiungendo una nota per volta.
Di se stessa dice: "Ci sono quelli che sanno tenere i piedi per terra. E chi ha sempre la testa fra le nuvole. Nadia è a metà. Tra terra e cielo”.
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