Beatrice Fazi. Donna, madre, attrice. Donna di fede, madre di quattro figli, attrice di teatro, cinema, fiction. Nel piccolo schermo in Un medico in famiglia il suo personaggio Melina - la finta filippina - ha fatto sorridere e riflettere e così è anche Beatrice, in lei ritroviamo comicità e sorrisi, ma anche vita vissuta, vita cambiata, vita vera.
La incontriamo a Cittanova (RC) in un sabato di aprile dove Beatrice fa tappa per raccontare il suo cuore più che il suo libro. Il suo cuore nuovo, che dà il titolo al suo libro e da lì ci diamo appuntamento a domenica 30 aprile in Piazza San Pietro, dove Beatrice sarà tra i protagonisti della festa per i 150 anni dell’Azione Cattolica, l’associazione più longeva d’Italia.
E’ un’intervista, così si chiama generalmente il botta e risposta fra giornalista e artista. In realtà è un dono per me, poter chiedere e ricevere delle risposte alle mie domande e curiosità. E nel ricevere le risposte, comprendere che quelle frasi rispondono anche a tante domande del mio di cuore, spero nuovo.
Gianni Boncompagni ci ha lasciato da qualche giorno e fra i suoi successi televisivi come non ricordare Macao e la tua Nunziah (ovviamente con l’acca ben aspirata!), quell’inizio televisivo che importanza ha avuto nella tua carriera?
È stato il primo grande misurarmi con il professionismo, nonostante non avessi mai fatto cabaret. Mi ricordo che venni a sapere del provino di Macao quando ero ancora al “Locale” (di vicolo del Fico 3 a Roma, che per molti anni è stato luogo di incontro per musicisti e attori che oggi sono tra i più noti protagonisti del panorama italiano, ndr.) con le mie amiche Elda Alvigini e Corinna Lo Castro che erano state invitate a fare il provino e c’era l’ufficio stampa di Macao che era venuta a vedere uno spettacolo che facevo con Valerio Mastandrea e Marco Giallini. E così io venni a sapere di questo provino e lo volli fare a tutti i costi, tanto che mi infilai un po’ con Elda quasi forzatamente. E ricordo che in quel periodo stavo preparando un provino con un personaggio di Annibale Ruccello e la follia di quel personaggio mi ispirò nella creazione di questa Nunziah con l’acca! Avevo anche collaborato ad un altro spettacolo in cui tornava questo tema dell’adolescenza irrisolta e quella è stata la chiave con cui sono entrata improvvisando totalmente nei provini e con grande orgoglio dico oggi che miei colleghi che facevano cabaret da anni non passarono le selezioni che ripetutamente Boncompagni e Ghergo reiteravano anche con il programma già in onda e invece io ancorandomi alla verità quasi cinematografica del personaggio che era in realtà un’iperbole del mio vissuto di ragazza meridionale, sfigata, vessata dai fratelli, terremotata, superai le selezioni e di Nunziah si rideva amaramente e questo ha funzionato. E Boncompagni era entusiasta di quel personaggio. Quella è stata la mia prima vera grande occasione che mi ha dato tanto.
La seconda?
Forse mi sono giocata male delle carte, perché avevo avuto già dei ganci per fare cinema subito e poi l’anno successivo quando Boncompagni mi voleva per la seconda serie di Macao io scelsi invece di fare “Lui e Lei” con Vittoria Belvedere perché era molto più comodo avere un copione di fiction con le battute già scritte (mentre per Macao dovevo scrivermi faticosamente i testi), l’auto che veniva a prenderti sotto casa, un contratto che mi desse una certa libertà e una certa sicurezza e così ho scelto la fiction e forse lì ho decretato quello che sarebbe stato il mio futuro professionale.
Un futuro pieno però anche di teatro: la tua vera anima artistica è quella che ti vede su un palco in cui guardi negli occhi il pubblico che ti applaude negli occhi, oppure quella dietro le macchine del piccolo e grande schermo?
Allora, a me piace lavorare! Qualunque sia il mezzo attraverso il quale io debba esprimermi io adoro questo lavoro e vorrei farlo meglio, vorrei che ci fossero sempre dei grandi registi perché io non ho la presunzione di dirigermi da sola, faccio molta fatica quando non ho qualcuno che mi chiede di fare qualcosa, io voglio obbedire alla gerarchia che esiste su un set, nel teatro, perché penso sia molto bello avere l’umiltà che c’è un altro e che ha una visione d’insieme e che tu non puoi avere stando dentro e che quindi ti pennella a dovere, ti lascia libera dentro una griglia, tu devi creare certamente, ma devi avere una direzione che deve esserti data, poi sta a te muoverti in scena o sul set relazionandoti con gli altri e io adoro essere in relazione. Anche la prossima mia stagione teatrale è inzeppata di impegni, io ho sempre avuto molta più continuità nel teatro che con cinema e televisione, anche se i guadagni sono notevolmente più alti col cinema e la televisione e avrei preferito solo per questo motivo che fosse stato il contrario (ride ndr.), però ho meno problemi ad esibirmi in teatro perché c’è una lente focale diversa. Il primissimo piano mi mette in imbarazzo perché non posso fare a meno di non considerare tutti i difetti che ha il mio corpo, il mio viso molto irregolare difficile da illuminare, e con questi occhi a mandorla sembro subito cinese e non è facile per me impormi sullo schermo, a meno di non fare poi dei caratteri come è stato per Melina, finta filippina che ha decretato il mio successo.
O per la giapponese Midori?
Sì, in “La verità, vi prego, sull’amore”. Anche quello è stato un passaggio importante, valorizzare quelli che erano i miei talenti, le mie caratteristiche e puntare su quelle piuttosto che desiderare di essere sempre qualcos’altro. È un discorso che va di pari passo con la maturazione anche di donna che poi ho avuto.
Ma riprendendo un titolo di un’altra tua commedia “Ti posso spiegare”, c’è qualche domanda che qualcuno ti ha fatto, soprattutto adesso che stai portando in giro per l’Italia anche il tuo libro che ti ha lasciata senza parole perché dovevi spiegare qualcosa di importante?
Dal momento in cui io ho deciso di essere sincera fino alla fine nel mio libro, non ho avuto nessun problema a rispondere ad alcuna domanda. A volte le domande non me le fanno proprio perché ho una loquacità imbattibile, dovete proprio abbattermi con le siringhe di sonnifero per farmi smettere di parlare, e sono molto generosa, ho imparato ad essere molto generosa perché in realtà questo che gli altri pensano sia un atto di grande coraggio, in realtà è stato l’atto più liberatorio che abbia fatto in assoluto. Dico sempre che adesso sono davvero povera non possiedo più nulla, neanche il segreto del mio peccato. Ho messo tutto a disposizione di chiunque voglia usufruirne e per me è stata la salvezza perché quando ho portato alla luce questo dolore che avevo dentro che nel buio della mia coscienza questo peccato aveva assunto contorni mostruosi, inaffrontabili, quando finalmente l’ho illuminato alla luce dell’Amore di Dio, della Sua Misericordia e ho compreso di non essere condannata per sempre sono stata finalmente libera, sono stata veramente felice. Sono fiorita anche come attrice io credo, come mamma sicuramente e come donna soprattutto.
Come mamma! Tu abbiamo prima ricordato che hai creato un personaggio che si chiamava Nunziah con l’acca e poi hai chiamato le tue figlie Maria Lucia e Maddalena! Spiegaci il perché di questi nomi non proprio modernissimi e soprattutto senza acca.
La prima Maria Lucia perché non sapevo se avrei avuto altre femmine e così ho accontentato mia madre Maria e mia suocera Lucia. Poi c’è il primo maschio e sia io che mio marito avevamo il padre chiamato Rosario, siamo entrambi orfani di padre, ma entrambi questi Rosario per nessuna ragione al mondo avrebbero voluto che un nipote portasse il loro nome perché avevano sofferto di questo nome desueto e non volevano neanche che fosse storpiato in un Saro, Sari ecc. e quindi il secondo figlio si chiama come il nostro padre nella fede, Fabio, che è don Fabio Rosini, per una gratitudine che abbiamo. Il terzo si chiama Giovanni e non l’abbiamo scelto noi. Ancora non sapevamo se fosse maschio o femmina e pregando due, tre volte consecutive uscii lo stesso vangelo dove Zaccaria scriveva “il suo nome è Giovanni”… era maschio e si è chiamato Giovanni, e poi Maddalena perché io stavo scrivendo il libro durante la gravidanza, la bambina sarebbe nata a libro appena uscito e volevo che avesse un nome significativo. Maddalena è questa donna che annuncia per prima la resurrezione perché è lì il centro della nostra fede. Credi o non credi che Cristo è risrto ed è vivo e presente in mezzo a noi? Io lo credo e volevo che questa figlia sigillasse con il suo stesso nome questa verità per me, e poi lei porta un secondo nome che è Natuzza.
Tu hai conosciuto Natuzza?
Non da viva. Ero capitata a Paravati per fare una testimonianza con padre Michele che era suo figlio e padre spirituale e mi chiesero “Che grazia chiederesti?”. Già ero annichilita dalla grandezza di questa donna, dalla sua statura spirituale e per l’ennesima volta ho chiesto la grazia di avere “un cuore nuovo”, che è il titolo del mio libro. Però comunque mi scappò “Certo, desidererei tanto avere un altro figlio, però non mi sento neanche di chiedere questa grazia, perché davanti a questa donna, a questa magnifica storia, abbassi la testa e cammini”. E invece una persona mi disse: “Non ti preoccupare che questo figlio arriva”. Il mese dopo io sono rimasta incinta ed era otto anni che non riuscivo, quindi lei si chiama Maddalena, Natuzza.
Una figlia nuova e Un cuore nuovo?
Nel libro ho scritto tutti i particolari di questa meravigliosa storia d’amore che è la mia vita; e pensa, nonostante tutto, ancora a volte il maligno tenta di strapparmi la gioia, di farmi considerare piuttosto quello che non ho, devo stare vigile, guardare indietro e vedere tutto quello che Dio ha fatto per ricordarmene. E fare le testimonianze mi aiuta a fare memoria della straordinarietà e della Misericordia di Dio.
Ma questo cuore nuovo lo senti? Lo doni?
Io continuo a chiederlo, perché è un muscolo che rischia di atrofizzarsi ogni giorno. Avevo un cuore di pietra e ho imparato e capito che avrei dovuto chiedere questo cuore nuovo che pulsasse al ritmo dell’Amore di Dio, perché ero una persona incapace di amare, ripiegata su se stessa, che si crogiolava nel vittimismo, che valutava, discriminava, eliminava gli altri, non li considerava e quindi non poteva aspettarsi dagli altri un trattamento diverso era inutile che me la menassi dando sempre la colpa a qualcuno della mia infelicità. Allo stesso tempo però, là dove mi stavo scoraggiando, la parola di Dio in una veglia di Pasqua mi ha detto “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno Spirito nuovo” e allora ho capito che il segreto è chiedere un cuore nuovo e almeno ho imparato a chiederlo poi se il Signore me lo darà lo capirete perché mi beatificheranno!
Direi direttamente Santa, perché Beata Bea suona male! Concludiamo con la mia solita domanda semi-seria con cui concludo le mie interviste ai cantanti, ma tu nella musica ci sei stata fondando il famoso Locale e non solo. Mi dici qual è la tua nota musicale preferita e perchè?
La mia nota preferita è il DO perché io mi ricordi che sono qui non per ricevere ma per dare ciò che io ho già abbondantemente ricevuto, e naturalmente il Do viene dopo il SI che è quello che ho detto al Signore, perché se non suoni prima il Si non puoi dare niente!
Beatrice Fazi e Gabriele Cirilli, quarda il video...